Il pianoforte e l’insegnante
Con le mani sul pianoforte si sentiva davvero libero.
Luca, uomo sulla quarantina, aveva fatto della musica la sua ragione di vita. Ci campava, con la musica. Nei concerti più importanti, dei teatri più importanti, c’era lui. Protagonista per un mese a Milano dell’imperdibile spettacolo di Febbraio del “Teatro alla Scala” di Milano. Accompagnava per quell’occasione il bel canto di una nota soprano asiatica conosciuta in un evento a Mosca.
Lui alla tastiera e lei a giganteggiare sul palco con la sua voce soave e intensa.
Luca amava quel lavoro, ma non gli aveva certo lesinato privazioni. Prove massacranti lo mettevano a dura prova ormai da giorni. Quello spettacolo doveva essere perfetto, anche a costo di non smettere mai. Quasi sette giorni erano ormai passati dal suo arrivo nel capoluogo lombardo. Teatro e hotel, hotel e teatro. La vita sociale? Praticamente azzerata. Stanco, la sera si dirigeva nella sua camera sprofondando in un sonno liberatorio.
Quel sabato Luca decise di fare uno strappo alla regola. A mezzogiorno staccò con le prove e fece una passeggiata per le splendide vie del centro. Cercava, per la verità, anche un ristorante dove pranzare. Era stufo del solito hotel, di quel menu formale e con così poco colore.
Arrivò di fronte alla vetrina del primo ristorante ed entrò.
Pieno.
Si diresse verso il secondo, poco distante da lì.
Pieno.
E così pure gli altre tre incrociati per strada.
Luca decise quindi di prendere in mano il telefono e cercare una soluzione. Un amico su facebook aveva appena condiviso un’ottima recensione su un pranzo prenotato con SoLunch. Luca aprì il link e scoprì quel sito per la prima volta. Un mucchio di persone aprivano le porte della propria casa, condividendo il pranzo con chi volesse prenotare.
“Beh, sempre meglio di pagare una fortuna in uno di questi locali”, pensò Luca fra sé e sé.
Prenotò.
Quando all’una entrò nell’appartamento, fu subito colpito da un elemento in lontananza. Era un pianoforte di indubbio valore. Di quelli buoni e in grado di accarezzare il suono.
“Lei dev’essere un’intenditrice”, scherzò Luca con la padrona di casa.
“In realtà lo è mia madre”, rispose lei.
Mangiarono insieme, ma della madre in questione nessuna traccia. Ormai proiettato verso la porta d’uscita, Luca non resistette.
“Vorrei provare quel pianoforte”, e si sedette davanti a quel coinvolgente modello. Iniziò a suonare Bach, tra i suoi compositori preferiti.
All’improvviso…
“Ma tu sei Luca!” esclamò ad un certo punto una signora.
Settantenne, era proprio l’intenditrice a cui aveva fatto riferimento un’oretta prima la padrona di casa.
Luca interruppe bruscamente quel suono.
“Tu sei Luca, anno di conservatorio 1990. A Perugia”, incalzò nuovamente la signora.
Rimasta vedova, si era ricongiunta alla figlia a Milano da qualche tempo. Era stata l’insegnante di pianoforte di Luca, una delle prime che aveva creduto e curato il suo talento. Si abbracciarono. Luca spiegò i suoi indubbi progressi di carriera e invitò madre e figlia allo spettacolo che stava così accuratamente preparando.
“Sarete mie ospiti. Due biglietti solo per voi”
La sera dell’ultima domenica del mese Luca suonò finalmente in teatro. Seduta ad osservarlo non molto distante da lui c’era anche la sua insegnante.
Un applauso scrosciante bagnò la fine di quell’esibizione mentre un sms arrivò alla sera, poco prima che Luca chiudesse gli occhi:
“Sei stato bravissimo. La tua insegnante è orgogliosa di te”