Negli ultimi anni la sharing economy ha iniziato a rivoluzionare molte realtà, dai trasporti alla ristorazione, fino al mondo assicurativo e all’arte moderna – e, ovviamente, la cucina 😉 Vediamo come!

 

Con la crisi, sia quella economica che quella riferita ad una mancanza di fiducia nelle grandi istituzioni e imprese, la gente ha cominciato a cercare nuovi modi per soddisfare le proprie necessità quotidiane. La cultura digitale, la connettività permanente e la crisi, sono i tre elementi che hanno modificato il nostro modo di consumare

Queste parole sono di Albert Cañigueral, autore del libro “Vivere meglio con meno”. Effettivamente, in Italia, il picco di successo dei modelli di sharing economy si è visto nel 2013, ovvero subito dopo quelli che per molti sono stati gli anni peggiori della recente crisi economica. Quasi tutti, nei momenti di difficoltà, ci siamo trovati a dover chiedere aiuto ad amici o parenti e ci siamo resi presto conto di una cosa che i nostri nonni sapevano bene, ma che evidentemente avevamo dimenticato: CONDIVIDENDO SI RISPARMIA.

Copertina: foto di Fauxels da Pexels

Ma non è questo l’unico motivo per cui la sharing economy ha tanta presa su molti italiani – anzi, secondo Federico Capeci la sola voglia di risparmio rischia di “annegare il concetto originario di sharing economy.

La sharing economy risponde ad esigenze molto sentite da alcune fasce di italiani: in essa si rispecchia il desiderio di condividere esperienze, così come l’odio per gli sprechi e un certo senso etico anti-consumista, nonché una volontà di creare nuove tipologie e modi di lavorare per superare le avversità della crisi. Inoltre, molti modelli di sharing economy aiutano a creare un senso di comunità e solidarietà (lo sanno bene i Millennials, che sono fra i più entusiasti sostenitori di questa nuova forma di economia).

 

Ma come stanno cambiando le vite degli italiani, in pratica?

Vediamo un po’ di numeri.

Ci sono più di 200 piattaforme di condivisione, per un giro di affari di circa 3.500.000.000 €. L’Italia si classifica al 3° posto per conoscenti e fruitori della sharing economy, dopo la Spagna e la Turchia. Il 53% di queste persone si trova nel Nord-Italia, gli altri sono divisi fra Centro e Sud. La diffusione del fenomeno in tutto il paese ha avuto risonanze sul fronte legislativo: siamo stati uno dei primi paesi ad iniziare iter normativi volti a gestire la crescita di questo nuovo modello di economia.

I cinque servizi più usati dagli italiani sono:

  • Home Sharing
  • Car Pooling
  • Bike e Car Sharing
  • Servizi Culturali
  • Social Eating

Insomma, molti  italiani stanno scoprendo (o ricordando) che la condivisione non è solo conveniente o utile a trasformare abitudini meccaniche come andare al lavoro e mangiare in esperienze piacevoli. L’uso dei vari Servizi Culturali che si trovano sul web (i quali permettono di scambiare libri, organizzare spettacoli in casa propria o mettere a disposizione i propri spazi per ospitare mostre ed eventi culturali) mostra come in molti credano che la condivisione permetta di arricchirsi interiormente anche quando non c’è di mezzo la convenienza economica.

Probabilmente, dietro tutto questo c’è anche un bisogno condiviso di trovare un proprio spazio, una comunità che si possa toccare con mano (ricordate l’articolo sulla crescente solitudine degli italiani?). Questo bisogno, in passato, è stato alla base di situazioni come la tifoseria violenta o gli estremismi identitari che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Ora, ci stiamo finalmente accorgendo che ci sono risposte più costruttive, inclusive e non violente a questo bisogno – speriamo di essere una di quelle.

Tuttavia, c’è ancora molto da fare!

Secondo l’Università Cusano, l’utente medio di un servizio basato sulla sharing economy è un maschio (56%) al di sotto dei 44 anni e con un alto livello di istruzione. Se non fosse per i Millennials non saremmo così in alto in classifica. C’è ancora un’ampia fetta di popolazione che potrebbe essere interessata alle innovazioni della sharing economy ma, complice una mancata conoscenza delle tecnologie digitali o una diffidenza personale non vi accede ancora.

Noi riteniamo che la condivisione possa arricchire di molto le vite di ognuno, oltre ad essere conveniente da un punto di vista ambientale, sociale ed economico. Con il nostro modello di cucina diffusa ci impegniamo a diffondere la conoscenza di questo nuovo tipo di economia/stile-di-vita.

E voi, che ne pensate? Scrivetecelo nei commenti e, se vi interessa sapere come funziona la nostra cucina diffusa, visitate SoLunch!